Il termine Hikikomori significa letteralmente “stare in disparte, isolarsi”. Deriva dalle parole hiku “tirare” e komoruritirarsi”. È un termine giapponese, coniato dallo psichiatra giapponese Saitō Tamaki usato per riferirsi a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento. Tali scelte sono causate da fattori personali, psicologici e sociali.

Gli hikikomori sono per lo più adolescenti o giovani adulti, soprattutto maschi primogeniti provenienti da famiglie di ceto sociale medio-alto in cui entrambi i genitori sono laureati o comunque persone in carriera, che scelgono di isolarsi dalla vita sociale e rifiutano ogni contatto umano per un periodo che può andare da sei mesi a diversi anni.

Alcuni hikikomori guardano la TV o ascoltano musica, altri navigano sul web e si ingaggiano per moltissime ore in videogiochi di ruolo online (GdR), altri ancora non svolgono alcun tipo di attività. Tutti immersi in una scoraggiante solitudine, distanti da ogni relazione sociale ed affettiva anche con i propri cari, disposti a lasciare la loro camera solo per andare in toilette o per passare da un market ad acquistare viveri. Tutti impegnati a fare i conti con la vergogna, con le pressioni sociali verso il conformismo, con una famiglia iperprotettiva.

Le cause scatenanti questo tipo di isolamento possono essere:

  • Caratteriali: molto spesso, gli hikikomori sono ragazzi intelligenti ma particolarmente introversi e sensibili. Per questo, iniziano ad avere difficoltà nell’istaurare relazioni di ogni tipo e non sanno gestire al meglio le inevitabili difficoltà e delusioni che la vita riserva.
  • Familiari: dinamiche familiari particolari possono essere cause di isolamento da parte dell’adolescente, il quale si chiude in se stesso alienandosi da ciò che lo circonda. In questo modo, la persona decide di rifiutare qualsiasi tipo di rapporto con i genitori
  • Scolastiche: uno dei primi campanelli d’allarme dell’hikikomori è l’allontanamento dalla scuola. Progressivamente l’adolescente inizierà ad evitare l’ambiente scolastico poiché considerato come fonte di stress e nervoso. Molte volte dietro l’isolamento si nascondono episodi di bullismo mai confessati.
  • Sociali: gli hikikomori hanno una visione negativa della società, considerano la collettività come nociva per la propria individualità e preferiscono rimanere da soli. Eliminando ogni tipo di contatto.

A soddisfare le esigenze di chi si taglia fuori dal mondo esterno, è la Rete che dà risposte e aiuta a costruire legami senza troppi pericoli e senza metter in gioco il corpo. È proprio Internet al centro di una grande controversia sulla quale ci si interroga sul rapporto esasperato tra hikikomori e web, se esso sia la causa o l’effetto del problema.

In merito a ciò, sono state elaborate due diverse teorie:

  • La prima afferma che gli hikikomori sono una sorta di “effetto” della rete la quale, con le sue numerose possibilità e mille attrattive li risucchia in un circolo vizioso che li distanzia dal mondo, portando il soggetto ad autoconvincersi che l’unica vita che merita di essere vissuta realmente è quella virtuale.
  • La seconda afferma che i soggetti sono portati a dover fronteggiare diverse situazioni spiacevoli nel corso della loro vita, spesso considerata intollerabile. Proprio per questo cercano aiuto su come affrontare le situazioni al meglio ma, se non ascoltati o trascurati, non riescono a reggere il peso del confronto e si rifugiano nell’unica fonte di rassicurazione: la rete. Questa diventa progressivamente un posto sicuro in cui rifugiarsi poiché piena di stimoli e in grado di offrire una seconda vita.

La rete, al giorno d’oggi, viene considerata una vera e propria “finestra sul mondo” poiché, grazie alle sue mille risorse, si evolve quotidianamente per condividere informazioni e conoscere cose che altrimenti non avremmo mai scoperto. Ovviamente, il grande mondo della rete richiede cautela e dei criteri da utilizzare al meglio, per evitare di non commettere l’errore di cadere nell’alienazione. Considerare la rete come unico modo per comunicare e stabilire relazioni porta l’individuo a emarginare la vita reale e a trovare rifugio solo in Internet. Da tempo ormai ci si interroga sull’utilizzo del web e dei suoi derivati, quali social, giochi, blog ed altre piattaforme online.

Cosa NON sono gli Hikikomori:

Molto spesso gli hikikomori vengono confusi con soggetti affetti da patologie con cui non hanno neanche lontanamente a che fare. È bene, quindi, sottolineare e discostarsi da alcune credenze:

  1. Non sono dipendenti da Internet: la nascita degli hikikomori è visibile e stimata già da prima dell’invenzione del computer. Di conseguenza, questi soggetti erano isolati molto prima della diffusione di Internet.
  2. Non sono depressi: secondo molte credenze l’isolamento degli hikikomori è collegato ad una depressione sviluppata nel corso del tempo e sfogata in evitamento del mondo sociale. Non è così. L’hikikomori – al contrario della depressione – non è una malattia e si sviluppa a prescindere da queste patologie. È un fenomeno che non deriva da un particolare disturbo mentale preesistente nella persona.
  3. Non derivano da fobia sociale: anche se gli hikikomori preferiscono la solitudine, questi non soffrono di agorafobia o di fobia sociale. Ovviamente, dopo un lungo periodo di isolamento è normale sentirsi a disagio in mezzo alla folla o a contatto diretto con altri individui, ma di certo l’isolamento non è dovuto da un iniziale rifiuto della società.

 

Hikikomori in Giappone

In Giappone, purtroppo, il fenomeno Hikikomori sembra aver preso il sopravvento, probabilmente dovuto alla particolarità della società giapponese. In media, l’età in cui si presenta tale fenomeno è tra i 18 ed i 27 anni, anche se, secondo i dati ufficiali, l’età sta modificando e attualmente si riscontrano casi di persone che raggiungono i 40 anni.

L’Hikikomori giapponese manifesta comportamenti violenti come: calci e pugni nella stanza, violenza nei confronti dei familiari, in particolare nei confronti dei genitori e della madre, atti provocatori a scuola sia verso il gruppo dei pari, sia verso gli insegnanti. Di fatto, l’hikikomori tende ad evitare e rifiutare l’ambiente scolastico al pari di altri ambienti.

Il governo Giapponese, vista la rilevanza sociale del fenomeno, ha individuato alcuni criteri diagnostici specifici per questo problema:

  • Ritiro completo dalla società per almeno sei mesi;
  • Presenza di rifiuto scolastico e/o lavorativo;
  • Al momento di insorgenza di Hikikomori non erano state diagnosticate schizofrenia, ritardo mentale o altre patologie psichiatriche rilevanti;
  • Tra i soggetti con ritiro o perdita di interesse per la scuola o il lavoro sono escluse le persone che continuano a mantenere relazioni sociali (Ministry of Health, Labour and Welfare, 2003).

 

Contrastare il fenomeno

Per la corretta gestione di tale problematica è necessario il supporto e sostegno familiare, stabilire i ruoli del gruppo ed essere aperti e flessibili nei confronti delle scelte dei figli. È importante l’aspetto comunicativo familiare e quindi costruire un ambiente sereno e di apertura al confronto e dialogo, in modo tale da cogliere le richieste sia della famiglia che del figlio. In tale modo, ambedue le esigenze giungono ad essere eseguite attraverso un equilibrato compromesso, in cui, l’adolescente deve conformarsi ai ruoli familiari e, la stessa, può e deve abbracciare le esigenze che sono, in questo periodo di evoluzione, in continuo cambiamento e progresso.

È opportuno che vi sia una figura di riferimento esterna e che la persona intraprenda un percorso psicologico che, aiuta l’hikikomori a ritrovare la voglia di incontrare e intraprendere nuovamente contatti “veri” con la realtà esterna.

Il più delle volte, l’hikikomori non percepisce la necessità e il bisogno di richiedere aiuto. Probabilmente il primo contatto con un professionista della salute, arrivava dai genitori. Quindi, fornire un supporto e sostegno alle famiglie diventa dunque necessario, sia perché i genitori svolgono un importante ruolo all’interno del percorso terapeutico, sia perché si ritrovano a dover affrontare da soli momenti di difficoltà, quali ad esempio, i ricorrenti eccessi di aggressività dei ragazzi. L’equilibrio della famiglia, vittima della situazione ma, in alcuni casi, con aspetti disfunzionali precedenti, è intrinsecamente legato al disagio dei figli.

L’obiettivo terapeutico dovrebbe essere quello di far uscire dall’isolamento sociale l’Hikikomori, facendo fronte all’ansia da prestazione e alla paura del fallimento, ristabilire rapporti familiari più funzionali ed equilibrati.

È fondamentale per il terapeuta valutare il sistema percettivo-reattivo del paziente e di scegliere lo strumento e la direzione dell’intervento che possa cambiarlo.

Il lavoro del terapeuta strategico consiste nel valutare come la persona ha costruito la sua realtà di secondo ordine – ossia come percepisce se stesso anche relativamente all’esperienza di vita parallela, e come a questa percezione reagisce – e quindi nel modificarla; sia per la valutazione che per imprimere un cambiamento sarà utile indagare eventuali cause o la percezione di queste, che hanno determinato il comportamento disfunzionale, inoltre, è importante cogliere le caratteristiche del funzionamento individuale per modificarlo e renderlo funzionale.

Durante gli incontri tesi ad ascoltare l’hikikomori e la sua storia, è importante indagare le “tentate soluzioni” che ha messo in atto, qualora ci siano state, per interrompere la sua compulsione; questo chiarisce ancora meglio il funzionamento del paziente e consente di avere una mappa su cui intervenire per modificarlo, oltre ad essere utile per individuare eventuali punti di forza e debolezza della persona e identificare figure a cui riferirsi per un maggior sostegno alla terapia.

L’alleanza del terapeuta con il paziente, elemento indispensabile per la buona evoluzione del percorso, è funzionale ad agire sulle resistenze di quest’ultimo e a facilitare l’accettazione di un nuovo modo di gestire le cose, modo che può essere sostenuto anche attraverso la collaborazione di familiari o persone a cui esso si riferisce e che si rendono disponibili a diventare parte attiva del trattamento.

Un altro degli effetti del regolare diversamente il tempo dedicato al mondo virtuale e della navigazione sul web è quello di liberare una piccola parte dello spazio che era prima destinato alla compulsione, e di orientarlo a nuove risorse, quali le relazioni sociali, oppure l’investimento in termini di soddisfazione su un fronte differente. In questo modo, nello scenario grigio del paziente, che era esclusivamente occupato dalla sua compulsione, cominciano ad aprirsi piccole aperture che lasciano passare finalmente la luce, e che creano lo spazio per qualcosa di nuovo e gratificante.

Inoltre, sempre in questo contesto, la persona sperimenta miglioramenti nella sfera delle relazioni e dei comportamenti, e che questo succede in tempi relativamente brevi, ossia nel giro di poche settimane.

 

Si RINGRAZIA Veronica Pacifici per la sua preziosa collaborazione.

 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

CIPOLLA, Anomia, in epistemologia della tolleranza, Vol. I. FrancoAngeli, Milano, 2004.

WATZLAWICK, J.H. BEAVIN, D. JACKSON, Pragmatica della comunicazione umana. Studio dei modelli interattivi delle patologie e dei paradossi. Astrolabio, Milano 1967.

http://www.matteopioferrara.it/hikikomori-non-si-puo-non-comunicare-parte-i/

HIKIKOMORI: Non si può non comunicare PARTE II


http://www.psicoterapiaromaeur.it/la-sindrome-di-hikikomori/

Categorie: Articoli

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